Il condomino che intende procedere a soprelevazione ai sensi dell’art. 1127 c.c. ha l’onere di provare che il nuovo corpo di fabbrica non arrechi pregiudizio alla statica dell’intero edificio, e – ove questo si trovi in zona sismica – anche che il complesso risultante dall’intervento risulti idoneo a tali fini.
Ad assolvere tale onere possono non essere sufficienti i eventuali atti urbanistici che abbiano assentito l’opera e neppure l’astratta relazione di un tecnico che attesti la rispondenza della sola nuova fabbrica ai criteri antisismici ,poiché il presupposto di esistenza del diritto a sopraelevare ex art 1127 c.c. è costituito dalla assenza di alcun pregiudizio statico afferente l’intero fabbricato così come risultante dalla edificazione del nuovo volume; sì che la controversia fra colui che intende procedere alla nuova costruzione ed i condomini che vi si oppongono va risolta alla stregua degli ordinari criteri civilistici.
E’ quanto statuisce, con ampiezza di argomenti, Cass.civ. sez. II ord. 29 gennaio 2020 n. 2000 rel. Scarpa ): “La Corte d’appello di Catania ha correttamente qualificato come “sopraelevazione”, agli effetti dell’art. 1127 c.c., il manufatto dell’altezza variabile da m. 2,10 a m. 2,40 realizzato da T.A. sulla terrazza di copertura dell’edificio condominiale, vano avente una superficie di mq 42, cui si accede dall’appartamento di proprietà esclusiva T. mediante scala a chiocciola innestata nel solaio.
Ai fini dell’art. 1127 c.c., la sopraelevazione di edificio condominiale è, infatti, costituita dalla realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) nell’area sovrastante il fabbricato, per cui l’originaria altezza dell’edificio è superata con la copertura dei nuovi piani o con la superficie superiore terminale delimitante le nuove fabbriche (Cass. Sez. 2, 24/10/1998, n. 10568; Cass. Sez. 2, 10/06/1997, n. 5164; Cass. Sez. 2, 24/01/1983, n. 680; Cass. Sez. 2, 07/09/2009, n. 19281). Nella definizione enunciata da Cass. Sez. U, 30/07/2007, n. 16794, la nozione di sopraelevazione ex art. 1127 c.c. comprende, peraltro, non solo il caso della realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche quello della trasformazione dei locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie, seppur indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato.
L’art. 1127 c.c. sottopone, poi, il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio ai limiti dettati dalle condizioni statiche dell’edificio che non la consentono, ovvero dall’aspetto architettonico dell’edificio stesso, oppure dalla conseguente notevole diminuzione di arie e luce per i piani sottostanti.
Il limite segnato dalle condizioni statiche si intende dalla giurisprudenza di questa Corte, in particolare, come espressivo di un divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso della nuova costruzione.
Ne consegue che le condizioni statiche dell’edificio rappresentano un limite all’esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non già l’oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass. Sez. 2, 30/11/2012, n. 21491).
È parimenti consolidato l’orientamento secondo il quale il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127 c.c., comma 2, debba interpretarsi non nel senso che la sopraelevazione sia vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentano di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127 c.c., comma 2, e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione, che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico.
La domanda di demolizione può essere, perciò, paralizzata unicamente da tale prova di adeguatezza della sopraelevazione e della struttura sottostante rispetto al rischio sismico; sicché, ove detta prova non sia acquisita, il diritto di sopraelevare non può sorgere. La condizione di liceità della sopraelevazione eseguita dalla T. , era, dunque, subordinata alla verifica che il fabbricato Condominio (omissis) fosse stato reso conforme alle prescrizioni tecniche dettate dalla legislazione speciale (L. n. 64 del 1974, art. 14), dovendosi acquisire elementi sufficienti a dimostrare scientificamente la sicurezza antisismica della sopraelevazione e dell’edificio sottostante, mediante indagine di fatto demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se, come nel caso in esame, congruamente motivato.
Soltanto la presentazione di una progettazione antisismica dell’opera eseguita e dell’intero edificio, conseguente ad una verifica della struttura complessiva e delle fondazioni del fabbricato, permette di ottemperare alla presunzione di pericolosità derivante dall’inosservanza delle prescrizioni tecniche dettate dalla normativa speciale. La Corte d’Appello ha motivatamente spiegato le ragioni della propria adesione alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, indicando come la sopraelevazione fosse stata realizzata dalla T. in assenza di preventive indagini conoscitive e verifiche tecniche circa l’incidenza sui carichi permanenti e sui sovraccarichi accidentali dell’edificio, con conseguente pregiudizio statico.
Non hanno perciò rilievo dirimente, ai fini della valutazione della legittimità delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, nè il conseguimento della concessione edilizia relativa al corpo di fabbrica elevato sul terrazzo dell’edificio (Cass. Sez. 2, 26/04/2013, n. 10082; Cass. Sez. 2, 11/02/2008, n. 3196), nè, al contrario di quanto assume la ricorrente, la certificazione redatta da un tecnico attestante l’idoneità statica delle opere eseguite, sufficiente per il conseguimento della concessione in sanatoria di costruzioni in zone sismiche (in base al combinato disposto di cui alla L.R. Sicilia 10 agosto 1985, n. 37, art. 26 ed alla L.R. Sicilia 15 maggio 1986, n. 26, art. 7), e neppure la carenza della condizioni per il rilascio del certificato di abitabilità, poste a tutela delle esigenze igieniche e sanitarie nonché degli interessi urbanistici, e dunque funzionali a verificare l’idoneità dell’immobile ad essere “abitato”, o più generalmente ad essere frequentato dalle persone fisiche.
Si tratta, infatti, di atti che attengono all’ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato, e cioè all’aspetto formale dell’attività edificatoria, e che non sono invece di per sé risolutivi del conflitto tra i proprietari privati interessati in senso opposto alla costruzione, conflitto da dirimere pur sempre in base al diretto raffronto tra le caratteristiche oggettive dell’opera e i limiti posti dall’art. 1127 c.c.”
© massimo ginesi 30 gennaio 2020