Laddove il giudice ritenga che la spesa effettuata dal singolo condomino per un intervento non urgente su parti comuni non sia riconducibile alla fattispecie prevista dall’art. 1134 cod.civ., il relativo onore rimarrà in capo a chi ha effettuato l’esborso né costui potrà giovarsi di altri rimedi quali l’arricchimento senza causa.
Il principio (condivisibile) è affermato da Cass.Civ. sez.III ord. 28 giugno 2018 n. 17027 che sottolinea come, altrimenti, riconoscere un diritto alla ripetizione delle somme significherebbe in qualche modo legittimare l’iniziativa del condomino, in contrasto con l’art. 1134 cod.civ.
“il carattere di sussidiarietà dell’azione di arricchimento senza causa postula che l’attore ex ante non abbia a disposizione altra azione per farsi indennizzare dal pregiudizio subito.
Tanto non si è verificato nel caso di specie, nel quale, ex ante ed in astratto, il condomino che abbia affrontato spese urgenti, al fine di ottenere il rimborso delle spese sostenute, può avvalersi del rimedio di cui all’art. 1134 c.c.. E dall’intervenuto rigetto della domanda di rimborso, in concreto avanzata dal Ro. ai sensi di detto articolo, non può evincersi ex post l’inesperibilità di un’azione specifica e, quindi, l’esperibilità da parte del Ro. dell’azione sussidiaria di arricchimento senza causa.
D’altronde, per principio generale, l’azione di arricchimento senza causa non può rappresentare uno strumento per aggirare divieti di rimborsi o di indennizzi posti dalla legge; mentre, nel caso di specie (nel quale le opere sono state ritenute non urgenti), opinando diversamente, si finirebbe con l’ammettere l’iniziativa non autorizzata del singolo condomino nell’amministrazione del Condominio.
In definitiva, va ribadita la giurisprudenza di legittimità (cfr., di recente, Sez. 2, sent. n. 20528 del 30/08/2017, Rv. 645234-01) secondo la quale al condomino – al quale non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell’urgenza (richiesto dall’art. 1134 c.c.) – non spetta neppure il rimedio sussidiario dell’azione di arricchimento senza causa: sia perché detta azione non può essere esperita in presenza di un divieto legale di esercitare azioni tipiche in assenza dei relativi presupposti sia perché – nel caso in cui la spesa, per quanto non urgente, sia necessaria – il condomino interessato ha facoltà di agire perché sia sostenuta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1133cc (con ricorso all’assemblea) e 1137 e 1105 (con ricorso all’autorità giudiziaria), con conseguente inesperibilità dell’azione ex art. 2041 c.c. per difetto del carattere della sussidiarietà.”
E’ il principio espresso da Cass. civ., sez. VI, 16 novembre 2017 n. 27235 rel. Scarpa, in linea con precedente orientamento della suprema Corte.
LA sentenza è tuttavia di interesse, oltre che per la consueto rigore argomentativo del relatore, per la peculiarità della fattispecie affrontata, che coinvolge anche il diffuso tema delle spese urgenti anticipate dal condominio, alla luce di quanto previsto dall’art. 1134 c.c.
La vicenda trova origine nella domanda avanzata da un condomino e volta al rimborso della somma di € 15.999,42 oltre interessi, anticipata per il ripristino urgente di alcuni pilastri e colonne di scarico insistenti nel piano cantinato di proprietà esclusiva dello stesso attore.
Sia il Tribunale che la Corte di appello di Palermo respingono la domanda, sull’assunto che non potesse giovare al condomino l’autorizzazione fornita dal padre dell’amministratore e che le opere non rivestissero comunque carattere di urgenza.
La Corte di legittimità affronta tre temi principali, sui quali esclude radicalmente la fondatezza del ricorso.
SULLA LEGITTIMAZIONE DELL’AMMINISTRATORE AD ORDINARE OPERE STRAORDINARIE E SULL’AFFIDAMENTO DEL TERZO APPALTATORE: “L’infondatezza del primo motivo discende, peraltro, dalla considerazione che per l’approvazione di un intervento relativo a riparazioni straordinarie dell’edificio condominiale occorre pur sempre l’autorizzazione dell’assemblea, sicchè non rientra comunque nei compiti dell’amministratore di condominio il conferimento ad un tecnico ed ad un’impresa dell’incarico rispettivamente di dirigere e di eseguire í lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio.
In difetto della preventiva approvazione della spesa da parte dell’assemblea, a norma degli artt. 1135, comma 1, n. 4, e 1136, comma 4, c.c., l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore non è comunque sufficiente a fondare l’obbligo di contribuzione dei singoli condomini.
Peraltro, il principio secondo cui l’atto compiuto, benché irregolarmente, dall’organo di una società resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri dello stesso, non trova applicazione in materia di condominio di edifici con riguardo a prestazioni relative ad opere di manutenzione straordinaria eseguite da terzi su disposizione dell’amministratore senza previa delibera della assemblea di condomini, atteso che i rispettivi poteri dell’amministratore e dell’assemblea sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1135 c.c., limitando le attribuzioni dell’amministratore all’ordinaria amministrazione e riservando all’assemblea dei condomini le decisioni in materia di amministrazione straordinaria (Cass. Sez. 2, 07/05/1987, n. 4232).
SULLA FACOLTA’ DI DELEGA IN CAPO ALL’AMMINISTRATORE – Né può mai rilevare a vincolare il condominio all’obbligo di spesa l’attività che il ricorrente attribuisce a C. B., padre dell’amministratore, in quanto, pure a norma dell’art. 1717, comma 1, c.c., il mandatario (figura cui l’amministratore condominiale è assimilabile) che sostituisca altri a sé stesso nell’esecuzione di tale attività, senza esservi autorizzato dall’assemblea e senza che sia necessario per natura dell’incarico, risponde in proprio dell’operato del sostituto (Cass. Sez. 2, 09/04/2014, n. 8339). Anche l’accertamento della insussistenza di un affidamento incolpevole del M. (che era, del resto, condomino dell’edificio amministrato da G. B.) nel potere di rappresentanza conferito a C. B., come di un comportamento colposo dell’amministratore, discende, in ogni caso, dall’apprezzamento di fatto rimesso ai giudici del merito.
SULLA SUSSISTENZA DEI REQUISITI DI URGENZA PREVISTI DALL’ART. 1134 C.C. – Per consolidato orientamento di questa Corte, il condomino che, in mancanza di autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, abbia anticipato le spese di conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso solo se ne dimostri, ex art. 1134 c.c. (testo previgente alla modifica operata con la legge n. 220/2012), l’urgenza, ossia se dimostri che le opere, per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. Sez. 2, 23/09/2016, n. 18759; Cass. Sez. 2, 19/12/2011, n. 27519; Cass. Sez. 2, 23/04/2010, n. 9743).
Ai fini dell’applicabilità dell’art 1134 c.c., va allora considerata ‘urgente’ non solo la spesa che sia giustificata dall’esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere.
La ragione sottintesa all’art. 1134 c.c. viene ravvisata, del resto, proprio nell’esigenza di evitare dannose interferenze del singolo condomino nell’amministrazione, dovendosi esprimere il concorso dei distinti proprietari alla gestione delle cose comuni essenzialmente in forma assembleare.
La prova dell’indifferibilità della spesa incombe, peraltro, sul condomino che chiede il rimborso, il quale deve dimostrare, a tal fine, la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo e che impedivano di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. Sez. 2, 26/03/2001, n. 4364; Cass. Sez. 2, 04/08/1997, n. 7181; Cass. Sez. 2, 12/09/1980, n. 5256).
La Corte d’Appello ha quindi correttamente ritenuto decisiva, in senso contrario alla ravvisabilità dei presupposti di cui all’art. 1134 c.c., la circostanza che il condominio e l’amministratore fossero stati messi a conoscenza della necessità della manutenzione delle fondamenta dell’edificio passanti per la proprietà M. quantomeno dal giugno 1999, ovvero oltre un anno prima di quando poi le opere furono compiute, essendo tale lasso di tempo piùche sufficiente a richiedere il consenso degli altri condomini (Cass. Sez. 2, 10/12/1977, n. 5356).
A fronte della eventuale perdurante inerzia dell’amministratore e dell’assemblea nell’adozione dei provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune, della cui esigenza gli organi condominiali siano stati resi edotti, non può farsi ricorso alla gestione sostitutiva del singolo condomino, ai sensi dell’art. 1134 c.c., potendosi, piuttosto, sperimentare strumenti alternativi, quale quello allestito dall’art. 1105, comma 4, c.c.
Cass.Civ. II sez. 30 ottobre 2014 n. 25729 affronta ancora una volta il tema delle anticipazioni di spesa effettuate da un singolo condomino e il suo diritto ad ottenere rimborso dagli altri, ove l’esborso abbia riguardato interventi su parti comuni.
L’art. 1134 cod.civ. individua il presupposto di tale diritto alla refusione nell’urgenza della spesa e nella sua indifferibilità, che comporterebbe la legittimità dell’intervento del singolo in sostituzione del generale potere gestorio in capo all’amministratore e alla collettività condominiale.
La Corte, con motivazione sinteticissima, cassa una pronuncia del Tribunale di Sassari, resa in appello su pronuncia del giudice di Pace di Alghero, in cui si era ravvisata tale urgenza nella necessità di provvedere alle spese per la difficoltà a raccogliere il consenso degli altri condomini.
L’urgenza delineata dall’art. 1134 cod.civ. deve essere legata a situazione di indifferibilità concreta dell’intervento, che è ancorata ad un dato fattuale significativo ed imprevedibile e non può essere ravvisata nella semplice inerzia degli altri condomini o nella difficoltà a procurarsi il loro consenso o la loro collaborazione.
Una pronuncia che conferma il costante (e condivisibile) orientamento restrittivo della giurisprudenza di legittimità sulla portata dell’art. 1134 cod.civ., che finirebbe altrimenti per diventare un grimaldello per scardinare la gestione collettiva dei beni comuni.
La Suprema Corte conferma un orientamento consolidato: il condomino che agisca per vedersi rimborsare dagli altri partecipanti al condominio le somme anticipate nell’interesse comune deve dimostrare l’urgenza e indifferibilità dell’intervento, non essendo sufficiente a giustificare il suo agire la semplice trascuratezza del condominio nella gestione delle parti comuni.
Ove non adempia a tale prova, non avrà diritto ad alcun rimborso.
Lo ha affermato Cass.civ. sez. II 5 ottobre 2017, n. 23244: in conformità a quanto questa Corte ha già statuito, in cause sovrapponibili alla presente (cfr. Cass. 20151/2013, nonché più di recente Cass. 9177/2017). Il Tribunale ha sì ritenuto che, trattandosi di un condominio, il rimborso delle spese per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni, anticipate da uno dei condomini, trova la sua disciplina nell’art. 1134 c.c., in base al quale il diritto è riconosciuto soltanto per le spese urgenti e non in base al mero dato della trascuratezza degli altri comunisti, ma ha poi – con falsa applicazione di legge che si riflette nella contraddittorietà della motivazione – ravvisato l’urgenza in una situazione di fatto in cui tale urgenza delle spese (intesa, secondo lo stesso Tribunale che si richiama alla pronuncia delle sezioni unite n. 2046/2006, come l’erogazione che non può essere differita senza danno o pericolo) non è ravvisabile (il Tribunale richiama infatti la diffusa inerzia degli altri titolari di immobili compressi nel complesso e la “difficoltà di procurarsi tempestivamente il consenso e la necessaria cooperazione degli altri condomini”, in relazione all’”adeguamento di tutti gli impianti e servizi comuni alle normative di igiene e sicurezza pubblica disciplinanti l’attività alberghiera” e, comunque, al mantenimento degli spazi comuni”
La Suprema Corte ribadisce un concetto consolidato in tema di spese effettuate dal singolo per la gestione delle parti comuni e sottolinea un dato fondamentale della disciplina condominiale: il concorso dei singoli alla gestione della cosa comune trova il suo luogo privilegiato nelle delibere assembleari il potere di provvedere direttamente è assolutamente circoscritto ed eccezionale, al contrario di quanto prevede l’art. 1105 I comma cod.civ. per la comunione.
La vicenda affrontata da Cass. civ. VI-2 sez. 8 giugno 2017 n. 14326 rel. Scarpa muove da una vicenda nata in terra genovese, ad Arenzano, ove un condomino aveva personalmente provveduto ad alcuni lavori di sistemazione di una scaletta comune sostenendo esborsi per 450 euro, di cui pretendeva il rimborso ai sensi dell’art. 1134 cod.civ.
Nonostante l’esiguità della somma oggetto di lite, la vicenda attraversa ben tre gradi di giudizio, in primo grado viene svolta CTU cheha ” escluso che le condizioni di questa scala, avente alzate non complanari con la pedata ed una decina di piastrelle lesionate, comportassero “pericolo per gli utenti” , pur denotando “scarsa manutenzione”; il Tribunale ritenuto che non sussistesse urgenza, aveva respinto la domanda, pronuncia totalmente riformata dalla Corte di appello di Genova in favore del condomino.
Ricorre in Cassazione il Condominio, per ribadire che l’art. 1134 cod.civ. qualifica l’urgenza con caratteristiche ben definite, non sussistenti nel caso di specie, ovvero deve sussistere indifferibilità dell’intervento, intesa come l’impossibilità di investire della questione l’amministratore o l’assemblea senza che sussista pericolo nel ritardo.
Il giudice di legittimità accoglie totalmente la tesi, ribadendo un consolidato orientamento cui non si è attenuta la Corte genovese: “Per consolidato orientamento di questa Corte, del quale la Corte d’Appello di Genova non ha tenuto conto, il condomino che, in mancanza di autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, abbia anticipato le spese di conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso solo se ne dimostri, ex art. 1134 c.c. (testo previgente alla modifica operata con la legge n. 220/2012), l’urgenza, ossia se dimostri che le opere, per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. Sez. 2, 23/09/2016, n. 18759; Cass. Sez. 2, 19/12/2011, n. 27519; Cass. Sez. 2, 23/04/2010, n. 9743).
Ai fini dell’applicabilità dell’art 1134 c.c., va allora considerata ‘urgente’ non, come ha ragionato la Corte d’Appello di Genova, la spesa che pur sia giustificata dalle condizioni di degrado o di scarsa manutenzione, o di incuria, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere.
La ragione sottintesa all’art. 1134 c.c. viene ravvisata, del resto, proprio nell’esigenza di evitare dannose interferenze del singolo condomino nell’amministrazione, dovendosi esprimere il concorso dei distinti proprietari alla gestione delle cose comuni essenzialmente in forma assembleare
La prova dell’indifferibilità della spesa incombe, peraltro, sul condomino che chiede il rimborso, il quale deve dimostrare, a tal fine, la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo e che impedivano di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. Sez. 2, 26/03/2001, n. 4364; Cass. Sez. 2, 04/08/1997, n. 7181; Cass. Sez. 2, 12/09/1980, n. 5256).”
La pronuncia si riferisce al testo dell’art. 1134 cod.civ. anteriore alla L. 220/2012, che ha tuttavia unicamente mutato il riferimento al condomino che “ha fatto spese per le cose comuni” in “condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni”, intervento che rende la lettura del giudice di legittimità del tutto attuale anche in relazione alla norma vigente.
Una ditta che ha eseguito opere di manutenzione straordinaria al fabbricato condominiale non è stata saldata e ottiene decreto ingiuntivo nei confronti del condominio, il Condominio propone opposizione e chiede di chiamare a garanzia il precedente amministratore, che aveva ordinato quei lavori in assenza di alcuna delibera assembleare.
La Cassazione riafferma un principio importante in tema di responsabilità patrimoniale del condominio e dell’amministratore nei confronti dell’appaltatore, già espresso nel 2010: ove difetti il requisito dell’urgenza, le opere straordinarie ordinate dall’amministratore senza supporto assembleare rimarranno un contratto unicamente a lui riferibile e del quale è chiamato a rispondere in via diretta ed esclusiva sotto il profilo patrimoniale, non sussistendo alcun rapporto di garanzia nei confronti del condominio ma esclusivamente una responsabilità personale dell’amministratore, che ha assunto l’obbligazione eccedendo i limiti del mandato.
Cass. civ. II sez. 2 febbraio 2017 n. 2807: “In materia di lavori straordinaria amministrazione disposti dell’amministratore di condominio, in assenza di previa delibera assembleare, non è … configurabile alcun diritto di rivalsa o di regresso del condominio, atteso che i rispettivi poteri dell’amministratore dell’assemblea sono delineati con precisione dalle disposizioni del codice civile (articoli 1130 e 1135), che limitano l’attribuzione dell’amministratore all’ordinaria amministrazione e riservano all’assemblea di condominio le decisioni in materia di amministrazione straordinaria, con la sola eccezione dei lavori di carattere urgente. (Cass. n. 4332/1987)
Di conseguenza, nel caso in cui l’amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all’articolo 1135 comma due cod. civ., abbia assunto l’iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzata dall’urgenza, ove questa effettivamente ricorra ed egli abbia speso, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, quest’ultimo deve ritenersi validamente rappresentato e l’obbligazione è direttamente riferibile al condominio; laddove invece i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell’amministratore non posseggano i requisiti dell’urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dall’amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza esterna delle disposizioni di cui agli articoli 1130 e 1135 comma due cod. civ. (cass. 6557/1987).”
La Cassazione ribadisce la portata precettiva dell’art. 1134 cod.civ.
Dopo 17 anni giunge ad epilogo una vicenda iniziata dinanzi al Giudice di Pace di Alghero e relativa alla richiesta di pagamento avanzata da un società nei confronti di una condomina , sull’assunto di aver anticipato le spese per la cura e la manutenzione delle parti comuni.
Il giudice di primo grado e il Tribunale di Sassari, in secondo grado, avevano inopinatamente ritenuto fondata la richiesta, che è stata invece disattesa dal giudice di legittimita.
La Suprema corte, II sez. Civile, con sentenza n. 18758 depositata in data 23 settembre 2016 ha chiarito che “In ordine alla rilevanza delle spese anticipate dal singolo condomino, l’art. 1134 c.c. fissa criteri particolari, in deroga al disposto dell’art. 1110 c.c., dettato in tema di comunione, che riconosce il diritto al rimborso in favore del comunista il quale ha anticipato le spese necessarie per la cosa comune nel caso di “trascuranza degli altri partecipanti e dell’amministratore”. Nel condominio la “trascuranza” degli altri partecipanti e dell’amministratore non è sufficiente. Il condomino non può, senza interpellare gli altri condomini e l’amministratore e, quindi, senza il loro consenso, provvedere alle spese per le cose comuni, salvo che si tratti di “spese urgenti” (Cass., Sez. Un., 31 gennaio 2006, n. 2046; Cass., Sez. 2, 12 ottobre 2011, n. 21015). Il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa opere relative alle cose comuni cessa quando si tratta di opere urgenti, per tali intendendosi quelle che, secondo il criterio del buon padre di famiglia, appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune, l’urgenza dovendo essere commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a sé o a terzi o alla stabilità dell’edificio un danno ragionevolmente imminente, ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità… La disposizione dell’art. 1134 c.c., invero, è diretta ad impedire indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli partecipanti alla gestione del fabbricato riservata agli organi del condominio, essendo previsti dalle norme processuali strumenti alternativi (art. 1105 c.c., comma 4) al fine di ovviare alla inerzia nella adozione o nella esecuzione di provvedimenti non urgenti, ma tuttavia necessari per la conservazione ed il godimento dell’edificio … Il diritto al rimborso in seguito all’attività gestoria, svolta dal singolo condomino in deroga alla competenza dell’assemblea e dell’amministratore, si giustifica, quindi, soltanto in ragione dell’urgenza delle spese “
La sentenza, per l’ampio contenuto in fatto e diritto e i numerosi richiami giurisprudenziali, merita lettura integrale.