La Suprema Corte (Cass.civ. sez. II ord. 23 agosto 2017, n. 20287 Rel. Scarpa) ribadisce un orientamento consolidato in tema di coperture piane del fabbricato, con una motivazione che – seppur in sintesi – traccia con grande efficacia i contorni della materia.
Il fatto e la vicenda processuale: “La Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 21/11/2006 ed ha accolto in parte la domanda, proposta da C.O. , C.R. e C.G. con citazione del 28/04/1997, ordinando a G.M. di rimuovere i manufatti (veranda e relativi paletti di sostegno, muretto portante una stufa, cancello di accesso) realizzati sul lastrico di copertura dei locali terranei di proprietà C. , adibiti ad esercizio commerciale e siti in (omissis) .
In citazione, come si legge nella sentenza impugnata, gli attori avevano allegato che l’area di copertura dei locali terranei di loro proprietà fosse costituita in parte da lastrico impraticabile e per la residua parte da “terrazzo in uso esclusivo del sig. G.M. “.
Ha affermato la Corte d’Appello che in tal modo gli attori C. avessero riconosciuto al G. solo l’”uso di fatto” della parte adibita a terrazza, e non anche “il titolo giuridico a possedere”.
Il Ctu, si legge ancora nella sentenza impugnata, aveva verificato come il locale terraneo di proprietà C. avesse uno sviluppo di circa 160 mq, mentre il terrazzo pertinente l’appartamento di proprietà G. , avente uno sviluppo complessivo di circa 190 mq, si sovrappone all’immobile C. per circa 110 mq, e la residua superficie di copertura del terraneo è non praticabile. Sempre il Ctu aveva accertato che l’appartamento G. ha un terrazzo che insiste in parte su fabbricato adiacente con titolarità differente e che l’accatastamento della porzione di terrazzo collegata all’appartamento era avvenuta senza titolo di provenienza.
I giudici di appello hanno così concluso che, non avendo il G. allegato e provato un titolo di acquisto della proprietà superficiaria, la porzione di lastrico sovrastante i terranei di proprietà C. fosse stata abusivamente occupata dal G. con le opere denunciate, “non potendo detta porzione di lastrico, benché di fatto in uso al G. , qualificarsi né comune ex art. 1117 c.c., né di proprietà esclusiva del convenuto”
I principi riaffermati dal giudice di legittimità: “La Corte d’Appello di Napoli, nell’ambito dell’indagine, spettante ai giudici del merito, diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non si è uniformata al tenore meramente letterale della citazione (nella quale, come visto, gli attori avevano allegato l’esistenza di un “terrazzo in uso esclusivo del sig. G.M. “), ma, per converso, avendo riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dagli istanti, ha concluso che gli attori C. riconoscessero al G. un mero “uso di fatto” della parte adibita a terrazza, vantandosi, pertanto, pieni proprietari dell’area abusivamente occupata dai convenuti.
Ciò premesso, in termini di prova, la sentenza impugnata ha penalizzato il G. per non aver egli allegato e provato un titolo di acquisto della proprietà esclusiva della terrazza sovrastante i terranei C. , negando altresì che la stessa potesse presumersi come comune agli effetti dell’art. 1117 c.c..
Nella sua decisione, la Corte d’Appello ha così malamente applicato l’art. 1117 c.c., alla stregua dell’interpretazione affermata da Cass. Sez. 2, 22/11/1996, n. 10323, che il Collegio intende qui ribadire.
Invero, l’art. 1117, n. 1, c.c. menziona tra i beni comuni i tetti ed i lastrici solari, i quali sono parti essenziali per l’esistenza del fabbricato, in quanto per la struttura e per la funzione servono da copertura all’edificio e da protezione per i piani o per le porzioni di piano sottostanti dagli agenti atmosferici, mentre tale disposizione non fa espresso riferimento alle terrazze a livello, le quali, tuttavia, pur offrendo rispetto al lastrico utilità ulteriori, quali il comodo accesso e la possibilità di trattenersi, svolgono altresì le medesime funzioni di copertura dell’edificio e di protezione dagli agenti atmosferici, e devono perciò ritenersi di proprietà comune proprio ai sensi dell’art. 1117, n. 1, c.c., rimanendo attribuite in condominio ai proprietari delle singole unità immobiliari.
Tale identità di funzione tra terrazza a livello e lastrico solare è, del, resto alla base della comune pacifica applicazione ad entrambi dell’art. 1126 c.c.
Quest’ultima norma, nel prevedere la possibilità di “uso esclusivo” del lastrico solare o della terrazza (espressione identica a quella adoperata dagli attori in citazione), non specifica la natura giuridica di tale diritto, il quale può avere carattere reale o personale, ma deve comunque risultare dal titolo; in mancanza di titolo attributivo di un siffatto uso esclusivo, ha vigore la regola generale del regime di comunione, dato che la superficie (della terrazza – lastrico solare) serve pur sempre a coprire i vani sottostanti dell’edificio condominiale, e che tale regime non è escluso dal solo fatto che dal bene uno o più comproprietari traggano utilità maggiori rispetto agli altri (così Cass. Sez. 2, 09/08/1999, n. 8532; Cass. Sez. 2, 21/05/1974, n. 1501).
È del resto ammissibile, per quanto si desume dall’art. 61 disp. att. c.c., che, pur in presenza di fabbricati che presentino elementi di congiunzione materiale, allorché vengano costituiti condomini separati per le parti aventi i connotati di autonomi edifici, uno dei titolari di porzioni esclusive si ritrovi proprietario di un immobile ricadente in entrambi i condomini (arg. da Cass. Sez. 6 – 2, 23/03/2017, n. 7605; Cass. Sez. 2, 01/03/1995, n. 2324; Cass. Sez. 2, 07/08/1982, n. 4439).
In definitiva, la deroga all’attribuzione legale al condominio e l’attribuzione in proprietà o uso esclusivo della terrazza a livello possono derivare solo dal titolo, mediante espressa disposizione di essi nel negozio di alienazione, ovvero mediante un atto di destinazione da parte del titolare di un diritto reale.
Non è determinante considerare la terrazza a livello come pertinenza dell’appartamento da cui vi si accede, in quanto ciò supporrebbe l’autonomia ontologica della terrazza e l’esistenza del diritto reale su di essa, che consenta la sua destinazione al servizio dell’appartamento stesso, in difformità dall’attribuzione ex art. 1117 c.c., laddove, a norma dell’art. 819 c.c., la destinazione al servizio pertinenziale non pregiudica i diritti dei terzi, e quindi, non può pregiudicare i diritti dei condomini sulla cosa comune.
D’altro canto, la Corte di Napoli, una volta interpretata la domanda come un’azione di rivendica, in quanto fondata sull’affermazione della proprietà della terrazza di copertura in capo agli attori, e rivolta nei confronti di chi detenesse “di fatto” la cosa per ottenerne la restituzione, avrebbe dovuto onerare proprio gli attori di fornire la rigorosa prova piena del loro diritto esclusivo, dimostrando il loro titolo di acquisto e quello dei loro danti causa, sino ad arrivare ad un acquisto a titolo originario.”
La sentenza di merito è dunque cassata con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di appello.
© massimo ginesi 30 agosto 2017