La L. 220/2012 ha risolto il problema della videosorveglianza in condominio, che aveva visto alterni dicta della giurisprudenza, introducendo l’art. 1122 ter cod.civ.
La norma prevede oggi in maniera inequivocabile la possibilità per il condominio di installare sistemi di controllo, con delibera da assumere ai sensi dell’art. 1136 II comma cod.civ. (ipotesi ovviamente diversa della installazione da parte di singoli di telecamere a servizio della propria unità, condotta sulla quale il garante aveva già dettato regole ben precise).
La Suprema Corte (Cass. civ. Sez. II 13663/2016, rel. Scarpa) ha affrontato una ipotesi che non riguarda l’installazione in condominio ma che detta principi che devono essere ben conosciuti anche dalla compagine condominiale ove intenda procedere in tal senso.
In particolare la Corte afferma che “l’informativa ai soggetti che facessero ingresso in un locale chiuso (quale un locale commerciale) deve intendersi necessaria prima che gli interessati accedano nella zona videosorvegliata, potendosi spiegare la diversa previsione di cui al punto 3.1. del Provvedimento generale del 29 aprile 2004, secondo cui l’informativa va rivolta a coloro che già “si trovano in una zona videosorvegliata” con riguardo agli spazi aperti.
La tempestività dell’informativa è necessariamente strumentale alla validità del consenso espresso dell’interessato al trattamento dei dati (art. 23, comma 3, Codice della privacy), salvi i casi in cui da esso possa prescindersi (di cui al successivo art. 24), non potendo tale consenso non essere preventivo rispetto all’inizio del trattamento stesso, nella specie consistente nella raccolta delle immagini delle persone che accedono nel locale e vengono riprese dalla videocamera.”
© massimo ginesi 18 luglio 2016